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Il cielo è coperto. Il mare sfoga la sua forza con schiumose onde che si abbattono sulla battigia allo stesso ritmo. La spiaggia è libera e un vento fresco accarezza il viso. L’occhio punta alla risacca, dietro cui potrebbe celarsi un sogno.
Se si dovessero descrivere le condizioni perfette per pescare a spinning, non potrebbe essere restituita immagine migliore. E il motivo è semplice: a spinning si cercano i predatori, che è più facile si palesino nelle condizioni più tumultuose. E non perché amino faticare nella corrente, ma perché quei momenti risultano essere più propizi per la caccia. Quindi occuperanno dei punti precisi, a seconda della conformazione della spiaggia e della presenza o assenza di alcune variabili, e attenderanno pazientemente che una preda, travolta dalla forza del mare, gli passi accanto.
Quella appena descritta rappresenta la copertina perfetta per il pescatore a spinning. E se si potesse scegliere, non c’è dubbio che chiunque preferirebbe lanciare in uno scenario simile. Ma questo non è possibile. E non lo è per varie ragioni: perché la pesca è solo un meraviglioso passatempo e bisogna dare priorità ad altre cose. Alla famiglia, al lavoro. E poi perché, a meno che non si abbia Eolo tra gli amici più intimi, anche quando si è liberi, spesso le condizioni meteo-marine non sono favorevoli.
Sarà capitato a tutti di arrivare in spiaggia, magari in pieno inverno, la domenica all’alba, e aver rubato tempo al sonno per trovarsi poi di fronte a uno spettacolo quasi estivo: cielo terso, corrente nulla e acqua limpida. E in questo caso le alternative sono due: o si torna a casa e si riprova la domenica successiva, o si prova a pescare comunque e ci si adatta.
È proprio questa filosofia che mi ha portato negli anni a sperimentare una graduale riduzione della potenza degli attrezzi, dei libbraggi dei fili e delle dimensione delle esche. Perché, se è vero che i predatori cacciano in determinate condizioni, è anche vero che a mare calmo essi non si dissolvono nel nulla. Bisogna solo stuzzicarli in modo diverso. Se pensiamo che possa stimolarli un grosso longjerk, magari recuperato in maniera frenetica, siamo un po’ fuori strada. I risultati possono anche arrivare, soprattutto sui barracuda, magari con recuperi più lenti e ritmati, ma su altri pesci, in genere, restano episodi isolati. E il motivo è semplice: non ci sono prede che in quel momento si comportano come quell’esca. Ed è importante ricordare che i predatori sono opportunisti e scelgono sempre la preda più facile. Questo perché non cacciano per sport, o per passione, come accade a noi pescatori, ma per sopravvivenza, per cui istintivamente prestano attenzione al bilanciamento tra energie spese per catturare una preda ed energie che quella stessa preda può garantirgli. E a mare calmo la cose funzionano allo stesso modo. È semplicemente più probabile per un predatore imbattersi in foraggio di dimensioni molto contenute, che si muove a determinate velocità. Quindi, farsi guidare da questo principio quando si sceglie l’esca nella cassetta può essere il motivo di successo nella ricerca. Per questo motivo, l’utilizzo di un micro jig può fare la differenza tra uno strike e un rifiuto. E i Soare, nelle tre misure da 3, 5 e 7 grammi, sono adatti allo scopo. Attrattivi sia in caduta sia in fase dinamica, stimolano l’aggressività dei predatori anche nei momenti di quiete. E spesso possono regalare gradite sorprese...
Come è facile immaginare, perché un’esca di dimensioni così contenute risulti attrattiva, è necessaria una corretta animazione. Non bisogna, infatti, perdere di vista la regola secondo cui i predatori arrivano ad attaccare artificiali inanimati solo se questi emettono in acqua le giuste vibrazioni. Solo se il loro movimento è assimilabile a quello di una preda. E questo risultato lo si può ottenere solo attraverso un corretto equilibrio dell’attrezzatura. Canna, mulinello, trecciato ed esca rappresentano ciascuno un essenziale elemento di una catena ideale che conduce alla perfetta presentazione. Per questa ragione, se l’esca è leggera, occorrerà utilizzare una combo che sia in grado di gestirla.
Zodias 4-12, Vanford 2500 e Kairiki VT 0,06, dal peso poco superiore a quello di uno smartphone, per citare un oggetto che abitualmente si tiene in mano, e con una buona dose di muscoli, utili a fronteggiare eventuali regali del mare.
Quanto alla scelta dello spot, l’utilizzo dei microjig lascia al pescatore un ampio ventaglio di possibilità. Spiagge, scogliere basse, porti, foci... Ogni ambiente può essere quello giusto! E il senso di libertà che restituisce l’utilizzo di un’esca tanto piccola, ma così incisiva, che può essere recuperata in superficie, a mezz’acqua o lambendo il fondo, è pienamente in linea con l’idea dello spinning: una pesca fatta di ricerca, dinamicità e silenzi. Quegli stessi silenzi in cui spesso è essenziale perdersi per ritrovare se stessi.
Alessandro Gabriele.