Pubblicato il 18-05-2012 in Prodotto

Canna Pro Blue G.Loomis

Mettervi a disposizione attrezzi al top è il nostro lavoro, goderne è il vostro. Studiate per la pesca dei tunnidi di branco dalla barca, sono la perfetta scelta

per chi insidia prede di taglia anche da riva.

La serie Pro Blue, grazie alla sua leggerezza, ti consentirà di pescare tutto il giorno senza accusare la fatica, regalandoti giornate indimenticabili.

Indimenticabili come quella passata dal nostro amico Antonio Varcasia, che ce la narra in questo breve racconto di pesca.

UNA VECCHIA AMICA di Antonio Varcasia

Da tempo l’avevo lasciata assieme ad altre mie “fiamme” nella rastrelliera. Polverosa e con i segni di qualche combattimento intenso ormai lontano con le splendide quanto ormai poco frequenti Lecce amia. Pensai che era di nuovo il suo momento, e che magari avrebbe avuto finalmente una chance per dimostrare ancora una volta il suo valore come canna perfetta per lo spinning in Blue water. Fu cosi che una sera di primavera misi finalmente in macchina la “vecchia” Pro Blue 843S, accoppiata con un Twin Power SW 8000 e una vistosa treccia in Power Pro giallo da cinquanta libbre. Era in compagnia di altre due canne, fra cui la Kaibutzu light pleasure e la Speedmaster Caranx, che invece montavano i due Stella 18000 e 20000 con le 80 libbre. L’idea come avrete potuto intuire era cercare per l’ennesima volta di visitare le mangianze del Golfo dell’Asinara e cercare di competere con le tonnellate di pesce foraggio che tappezzavano la superficie del mare e avevano reso la pesca eccitante e frustrante al tempo stesso. Troppo foraggio, troppo piccolo, e pesci altamente selettivi. Serviva potenza e allo stesso tempo capacità di gestire esche molto piccole, e magari, un aiuto per una pesca che dopo un inverno dedicato a spigole e barracuda, si presentava quantomeno ostica dal punto di vista fisico. Non ho mai amato il light tackle ma neanche esagerare pescando con attrezzature molto pesanti, motivo per cui fra massacrare la mia schiena a GT e pescare in superficie Roosterfish e Lampughe ho sempre optato per la seconda ipotesi. De gustibus non disputandumest. Avevano ragione gli antichi romani…e la mia schiena! L’obiettivo era piantare sulla schiena di qualche tonno rosso di branco i primi tag della stagione, partecipando al progetto che ICCAT e APR stanno promuovendo nel mare nostrum. Con qualche amico fidato eccoci quindi muniti di binocolo, guanti, occhiali polarizzati e soprattutto armati fino ai denti solcare le acque del golfo su “cudalibre” il nostro Boston Whaler da 17’, anche lui vecchiotto ma con tante storie di mare da raccontare. Dopo 15 minuti mettiamo subito via il binocolo e iniziamo una sorta di caccia-inseguimento che durerà tutto il giorno: mangianza, cacciate, motore, folle, abbrivio, due a lanciare e uno pronto ai comandi, ai nostri archi diverse frecce: esche imitative (piccoli minnow e jigs) e di reazione (non si sa mai… stick, popper, lipless). Il tutto moltiplicatelo per n° volte, per un copione già visto: tanti pesci, tanto foraggio, tanti artificiali, diversi recuperi, zero ferrate. La pesca è come la vita, perseverando, spesso, non sempre, si riesce ad ottenere qualche risultato, e finalmente dopo quasi sei ore di ginnastica sotto il sole e fiumi di adrenalina che avrebbero ridotto le nostre schiene a dei rottami la notte successiva, ecco finalmente uno strike, improvviso, violento, con il tonno che va subito sotto la barca e costringe il mio amico a inginocchiarsi e fare degli equilibrismi per non perderlo e cadere in acqua. Io accendo, e dopo aver ristabilito la calma, siamo finalmente in combattimento e dopo 15 minuti un bel tonnacchiotto sui 15-20kg viene su e viene liberato e taggato. Tutti contenti, io finora ho lanciato pochissimo e sono stato al timone, sono contento perché in questa pesca ha un po’ di merito anche chi sta ai comandi e poi soprattutto perché vedere felice un amico è come esserlo io. La serata va avanti e quando manca un’oretta all’imbrunire e le mangianze non sembrano placarsi, approfitto della stanchezza della crew per fare due lanci, poco convinti, prendendo la Pro Blue per poter lanciare e muovere meglio piccoli metal jigs e soprattutto una delle esche che sin dal primo “incontro” mi aveva ispirato molto. Uno swimming jig, un ibrido che lavora come un jig ma può essere lavorato veloce, nuotando ad “s” sotto il pelo dell’acqua, ma che nuota bene anche se lavorato a tip alto e in maniera frenetica, simulando una skipping lures. Il Waxwing “boy”, mi ispirava molto, soprattutto dopo aver eliminato i double e inserito un amo singolo VMC per taglie forti con un doppio split ring. Recupero veloce, con trenta centimetri di canna in acqua per poter dare ancora piu velocità, prove fatte e rifatte, consapevolezza di aver fatto una buona pensata ma necessità di una conferma dall’altra parte del filo – come sempre del resto – non siamo noi a decidere! Dopo l’ennesimo abbrivio e l’ennesima mangianza in cui penso di aver centrato in testa almeno un paio di rossi, e l’ennesimo recupero, ecco che completamente fuori dalla mangianza sento che l’esca si ferma bruscamente e, mentre l’essere dall’altra parte riparte ecco che con un riflesso naturale pianto due ferrate con canna bassa e di lato prima di urlare a tutti di accendere il motore.

In mezzo gli attimi più belli, il pesce che fa la sua fuga, lunga bellissima, unica e poi per due volte cambia direzione costringendomi a recuperare velocissimo, poi la parte più dura, con il pesce che arriva in murata tre volte e tre volte riparte. Poi quando io e lui arriviamo al limite, lascio la canna, prendo in mano il leader e con le pinze con una semplice torsione stacco l’amo sul triangolo della bocca.

Non c’è bisogno di riossigenarlo, va via che è un piacere, e io sono un uomo felice, oggi non ho più niente da chiedere al mare, ho incontrato il re del Mediterraneo, ci ho combattuto, ed è ritornato a fare il suo dovere. Un sogno che si avvera, a spinning, sulla mia barca, nel Mediterraneo, in compagnia di amici e della mia vecchia amica. Oggi ha fatto il suo dovere, è arrivata al limite mai dandomi la sensazione di lasciarmi li per strada, assecondando il pesce nelle prime fasi violente del combattimento e poi liberando il suo backbone quando serviva. Mi avevano chiesto di parlare della Problue e penso di essermi un po’ perso per strada parlando di pesca, ma alla fine forse è la cosa migliore, per il resto c’è sempre tempo!

Per avere ancora più informazioni su questa straordinaria canna, visita il sito www.fishwithgloomis.it ed entra in un G.Loomis Pro Shop!

Disponibile presso i migliori Shimano Shop!